Le donne nella Guerra civile
Anche l’apporto delle donne alla guerra spagnola fu notevole.
La condizione sociale delle donne era migliorata durante la Seconda Repubblica, perché era stata eliminata una parte molto importante della legislazione discriminante che aveva mantenuto una subordinazione femminile nella politica, nel lavoro e nella famiglia. Già nel 1931 le donne avevano acquistato lo status di cittadine con un insieme di diritti e doveri definiti. Nel primo titolo della Costituzione era stata inclusa l’uguaglianza dei sessi e sia uomini che donne avevano raggiunto la possibilità di esercitare il loro diritto di voto a 23 anni e di accedere a qualsiasi tipo di lavoro pubblico. Nel 1932 era stata promulgata la legge sul divorzio.
Ma, nonostante le riforme intraprese dal governo repubblicano, era continuato ad esistere, nei fatti, un modello di femminilità che considerava prima di tutto le donne come madri e "angeli della casa". Questa concezione aveva certamente reso difficile il cammino delle riforme repubblicane egualitarie, ed aveva ostacolato l’entrata delle donne nella sfera pubblica e il consolidamento nel terreno della politica, e della cultura e del lavoro in piena eguaglianza con gli uomini.
La guerra civile spagnola ha trasformato la vita delle donne spagnole. Ha dato loro una maggiore autonomia di movimento e decisione. Nonostante le dure condizioni di vita, molte donne vissero la guerra civile come una esperienza emozionante che permise loro di sviluppare il loro potenziale in una società spagnola ancora molto arretrata.
L’immagine della donna e la sua rappresentazione ha acquistato una dimensione nuova. Esteriormente, una delle prime conquiste femminili fu la libertà di scegliere come vestirsi. Il "Mono azul" o tuta d’operaio diventava il simbolo della rivoluzione ed uno strumento per l’emancipazione femminile, poiché rendeva eguali esteticamente uomini e donne, uniti da un unico desiderio: sconfiggere il fascismo.
Le donne parteciparono attivamente alla lotta contro il fascismo e ruppero il loro abituale isolamento dalla vita pubblica e politica. Costruirono barricate, curarono i feriti ed organizzarono i lavori d’ausilio e d’assistenza infantile. Mediante il lavoro volontario rifornirono i soldati di uniformi, di capi vestiari e dell’equipaggiamento necessario per la guerra. Altre ancora ruppero completamente con il loro ruolo di genere convenzionale e parteciparono attivamente alla guerra come miliziane, impugnando le armi e combattendo. La propaganda diretta alle donne richiese la loro presenza in modo esclusivo nella retroguardia. Dopo il 1937 la creazione dell’esercito regolare, e la scomparsa delle milizie, non permise la partecipazione delle donne alla resistenza armata.
L’educazione e la cultura erano considerati due fattori importanti per la liberazione delle donne e si convertirono nelle mete primordiali di un programma femminile collettivo. Le donne istruite diedero lezioni ed organizzarono attività culturali e artistiche così come servizi di biblioteca per adulti. Alcune di loro superarono il limite del silenzio storico ed imposero la loro voce pubblicando numerosi periodici e riviste.
L’educazione e l’arricchimento culturale delle donne furono grandi conquiste del movimento femminile durante la guerra e la rivoluzione spagnola. Tutte le organizzazioni femminili rivendicarono il diritto delle donne alla preparazione professionale, e ad un lavoro garantito e pagato, a parità di condizioni con lo stesso salario dell’uomo.
La mobilitazione delle donne era canalizzata da una serie di organizzazioni femminili che riflettevano il panorama politico della Spagna repubblicana. Spesso l’ostilità e la discordia reciproca segnarono le relazioni tra le comuniste dell’AMA (Agrupación de mujeres antifascistas), la UDC (Unión de dones de Catalunya) da un lato e le anarchiche di Mujeres Libres e le marxiste dissidenti del POUM (Partito operaio di unificazione marxista) dall’altro. Nonostante le differenze, la creazione di organizzazioni formate da donne, anarchiche e antifasciste, che ponevano problematiche specifiche, fu una caratteristica importante del periodo rivoluzionario, rappresentando una rottura con il passato.
Gli interessi delle donne repubblicane erano quindi eterogenei. Le organizzazioni comuniste formarono un fronte unito con l’obiettivo immediato di lottare contro il fascismo.
L’antifascismo delle donne costituì un apprendistato politico decisivo dei valori democratici che per alcune fu un primo passo per riconoscere che la società spagnola necessitava di un cambiamento rivoluzionario. L’energica adesione delle donne alla battaglia antifascista acutizzò il loro compromesso politico globale con la Seconda Repubblica e, pertanto, con la democrazia, la libertà e i diritti umani.
Figure eccezionali come Federica Montseny (Ministra della Sanità e dell’Assistenza Sociale del Governo Repubblicano), Dolores Ibarrúri (deputata parlamentare), Margarita Nelken, Clara Campoamor, etc. conquistarono il riconoscimento delle donne nella politica e nella lotta antifascista, raggiungendo una fama internazionale.
Dolores Ibarruri, detta “La Pasionaria”, eletta al Parlamento nel 1936, con lo scoppio della guerra civile spagnola innalzò la sua voce in difesa della Repubblica con il famoso slogan “No pasaràn!” (“Non passeranno”). Riportiamo il suo discorso per lo scioglimento delle Brigate Internazionali del 1939: “Di tutti i popoli, di tutte le razze, veniste a noi come fratelli, figli della Spagna immortale, e nei giorni più duri della nostra guerra, quando la capitale della Repubblica spagnola era minacciata, foste voi, valorosi compagni delle Brigate Internazionali, che contribuiste a salvarla con il vostro entusiasmo combattivo, il vostro eroismo e il vostro spirito di sacrificio”.