contesto storico e edificazione dei due regimi
Nazismo e Stalinismo
sono fondamentalmente accomunati da quelli che sono gli elementi costitutivi del
totalitarismo stesso, quali il partito unico e l’obbedienza incondizionata al
suo leader, il rifiuto delle libertà politiche, la repressione contro i nemici
politici, la presenza totalizzante dello stato in ogni aspetto della vita
sociale di individui, gruppi e strutture collettive. Tutto ciò si concretizza
quindi nella soppressione della democrazia rappresentativa e dello Stato di
diritto attraverso la soppressione delle libertà individuali e il superamento
della divisione dei poteri, l’instaurazione della censura e l’introduzione di un
monopolio statale dei mezzi di comunicazione teso a diffondere un’ideologia di
Stato.
Come vedremo, il forte interventismo statale tende a tradursi anche in una
pianificazione autoritaria e centralizzata dell’economia.
Nell’aprile del 1922
Stalin
fu nominato segretario generale del Partito comunista dell’Urss. Alla morte di
Lenin, avvenuta nel gennaio di due anni dopo, i contrasti all’interno del
gruppo dirigente del partito saldamente controllati fino allora dallo stesso
Lenin, degenerarono in veri e propri scontri. I protagonisti di questa
battaglia, che si concentrava sui temi della burocratizzazione e della
centralizzazione dei poteri, furono
Stalin e Trotskij. Stalin riuscì
dapprima ad emarginare l’avversario bolscevico, che tentava di estendere il
processo rivoluzionario all’Occidente capitalistico (rivoluzione
permanente),
contrapponendogli la teoria del
socialismo in un solo paese.
Quindi si sbarazzò
dell’opposizione di sinistra e diede così il via
ad una nuova fase della rivoluzione, caratterizzata dalla continua crescita
dei suoi poteri personali e dal tentativo di portare l’Unione Sovietica alla
condizione di grande potenza
industriale e militare.
Sorretto da un’imponente apparato
burocratico e poliziesco, ma anche dal consenso spontaneo di milioni di
lavoratori, Stalin finì con l’assumere il ruolo di
capo
carismatico,
non diverso da quello svolto dai dittatori
dell’ opposta sponda ideologica.
Il successo del nazismo è strettamente collegato alle conseguenze della grande crisi. Fu allora che la maggioranza dei tedeschi perse ogni fiducia nella repubblica e nei partiti democratici e prestò ascolto in misura crescente alla propaganda del nazismo, che prometteva il ritorno della Germania alla passata grandezza, indicando nelle sinistre e negli ebrei i responsabili delle difficoltà del paese. Il partito di Hitler rimasto fin allora ai margini della vita politica, vide crescere i suoi consensi nelle numerose elezioni che si tennero fra il ’30 e il ’32, fino a diventare il primo partito tedesco. Nel gennaio ’33, Hitler fu chiamato dal presidente Hindenburg a guidare il governo (nomina a cancelliere).
La trasformazione della Repubblica tedesca in
dittatura
avvenne nel giro di pochi mesi. L’incendio del
Reichstag, il Parlamento nazionale, avvenuto nel febbraio ’33 fu l’occasione
per una prima stretta repressiva; l’arresto di un comunista olandese, indicato
come autore materiale dell’incendio, fornì al governo il pretesto per
un’imponente operazione di polizia contro i comunisti e per una serie di
misure eccezionali che limitavano o annullavano le libertà di stampa e di
unione. L’assenso delle forze armate alla sua candidatura alla successione di
Hindenburg, ottenuto come contropartita alla eliminazione fisica dell’ala
estremista del nazismo, concretizzatasi nella “notte dei lunghi coltelli”,
sancì l’ascesa al potere di Hitler, che cumulò le cariche di cancelliere e
capo dello Stato.
Si cominciò così a delineare il quadro generale del
regime
totalitario:
vennero sciolti tutti i partiti e
sindacati, venne abolita la forma di governo parlamentare e si riorganizzò la
pubblica amministrazione su un modello di
centralismo autoritario.
La dittatura totalitaria fu pienamente
compiuta e perfezionata con l’introduzione della pena di morte e l’istituzione
di campi di concentramento che dovevano accogliere gli oppositori politici