Catilina non era uomo facile ad arrendersi, e lo dimostrò nel giugno dell'anno 64, quando ripresentò la propria candidatura per le elezioni del 63. Questa volta a fermarlo  furono l'abilità di CICERONE  e una serie di brogli. Sebbene i candidati fossero sette, la corsa si limitava a tre personaggi potenzialmente vincitori: Cicerone, uomo degli aristocratici, Catilina e Caio Antonio Ibrida, appoggiati dai democratici, dalle influenze di Crasso e Cesare, e sostenuti dalla plebe. Ibrida, però, accusava un passato poco limpido: espulso dal Senato nel 70 per "indegnità", era anche facilmente ricattabile per condotte passate non proprio limpide. Cicerone quindi propose al secondo candidato dei populares un patto segreto: i rispettivi elettorati avrebbero fatto convergere i voti oltre che sul proprio uomo, anche sull'avversario "alleato": le preferenze concesse erano infatti due, perché due erano i consoli da eleggere. Questo avrebbe portato Ibrida, che in concorrenza con Catilina non avrebbe avuto speranze, a contare sui voti dei "nemici", e a vincere la sua corsa personale all'interno dei populares. Il patto fu sancito e a Catilina non restò che il terzo piazzamento. Un tradimento al quale, con ogni probabilità, non erano stati estranei Crasso e Cesare, formalmente alleati di Catilina. I due potentissimi personaggi, infatti, avevano compreso che Ibrida sarebbe stato un utile fantoccio nelle loro mani, a differenza del carismatico Catilina. E pensare che, poco tempo prima, dopo il primo siluramento di Catilina, i tre avevano pianificato un colpo di stato (passato alla storia come "la prima congiura di Catilina"), poi non concretizzato. Il piano era quello di assassinare diversi senatori, nelle proprie abitazioni e addirittura dentro il Senato. L'azione avrebbe dovuto prendere il via proprio nel massimo consesso, con un gesto simbolico (Cesare avrebbe fatto cadere la propria toga a terra) ma quel gesto, per ragioni non del tutto chiare, non avvenne.

 

Catilina, quindi era tornato in campo con un programma più radicale. Aveva capito come non potesse contare su alcun protettore all'interno dei populares, e andava stringendo un rapporto sempre più stretto con la plebe. Catilina, cioè, si spostava, per usare una definizione della storia contemporanea, su posizioni vagamente "peroniste". Appellandosi ad un populismo allo stesso tempo di destra (ritorno alle origini) e di sinistra (politica sociale nei confronti dei diseredati), Catilina aveva proposto (qualora fosse divenuto console) l'azzeramento dei debiti, appellandosi allo slogan delle tabulae novae. Al tempo nella società romana fioriva il prestito ad usura e lo strozzinaggio, nei confronti dei ricchi come dei ceti meno abbienti. Un patrizio, per potere correre alle elezioni per qualsiasi magistratura della Repubblica, necessitava di un'enorme somma di denaro. Alcuni aristocratici dilapidavano l'intero patrimonio per riuscire a raggiungere una carica che, in ogni caso, li avrebbe lautamente ripagati, una volta al potere.

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