La battaglia avvenne non lontano da Pistoia, in un tratto di pianura compresa tra i monti da un lato ed una rupe dall'altro. Il luogo scelto da Catilina per attendere Antonio era senz'altro finalizzato ad impedire l'aggiramento delle proprie posizioni all'avversario più numeroso, e quindi in grado di allungare il fronte e di manovrare sui suoi fianchi. La località non è meglio identificata, ma forse non doveva essere troppo distante dall'Appennino Tosco-Emiliano e dal passo della Porretta.
In prima linea i congiurati disposero 8 coorti, circa 3.800 uomini, quasi una legione, mentre le restanti 12 (ricordiamo che ogni legione comprendeva 10 coorti) vennero disposte in seconda schiera come riserva, in ranghi più fitti. Catilina curò che tra le prime file combattessero i soldati meglio armati e più esperti; affidò poi l'ala destra a Manlio, la sinistra ad un non meglio identificato cittadino di Fiesole, mentre lui, con i liberti ed i coloni, si dispose al centro accanto all'aquila, che si diceva fosse quella di Mario nella guerra contro i Cimbri. E' da notare a questo proposito che Caio Mario, nella riforma militare del 107 a.C., aveva eliminato tutte le altre insegne legionarie per conservare soltanto l'aquila. Precedentemente invece i simboli erano diversi, anche se sempre tratti da animali, come il cinghiale o il lupo.
Mentre Catilina apprestava i suoi a battaglia, Caio Antonio era impedito
a parteciparvi perché sofferente. In suo luogo prese il comando il
pretore Petreio, un vecchio militare che aveva passato trent'anni
nell'esercito e conosceva quasi tutti i suoi soldati per nome. Anche
questi pose in prima fila le coorti veterane richiamate in servizio per
l'occasione, mentre lasciò in seconda schiera quelle costituite dalle
reclute. I due eserciti, dati i segnali di tromba, attaccarono
contemporaneamente e si urtarono con straordinaria violenza. Si tratta
di una tattica piuttosto inusuale per le armi romane ed in genere per
tutti i generali dell'antichità. La consuetudine era che il più forte, o
comunque quello che si riteneva in vantaggio, assumesse l'iniziativa
dell'assalto, mentre l'avversario più debole si disponeva sulla
difensiva. Fatte alcune eccezioni, come ad esempio a Canne, i Romani
preferivano in ogni caso iniziare la battaglia in difesa, per non
rompere il loro schieramento ed al contrario favorire la disunione di
quello nemico lanciato all'attacco. Il particolare che a Pistoia
entrambe le forze in campo si scagliassero le une contro le altre può
essere spiegato con un semplice ragionamento: Petreio sapeva di essere
più forte ed assunse l'offensiva nella speranza di disperdere le file
poco coese degli avversari; Catilina ed i catilinari non solo non erano
militari sperimentati, che in questo caso sarebbero rimasti fermi, ma
erano pure mossi dalla disperazione e dalla ferocia degli odi civili,
che fanno agire non sulla base di consolidati schemi tattici, ma per
pura violenza.