Sentiero storico

La mandragora tra mito e scienza

Discorode e gli studi romani

discoride

Il greco Dioscoride (nato ad Anazarba, Turchia del Sud,farmacologo attivo intorno al 60 d.C.) parla lungamente delle virtù di questa pianta e soprattutto di quella amatoria e la suddivide come Plinio in mandragora femmina, di colore nero, e maschio, di colore bianco che ha frutti più grandi dell’altra. Questo autore inoltre consiglia di dare il succo delle radici fresche misto al vino specie per ottenere un sonno profondo che permette qualsiasi tipo di operazione.

La credenza che questa pianta fosse posseduta da qualche demone permane presso i Romani, che riprendono quindi il metodo d’estirpazione di Teofrasto, utilizzando però un ramo di salice al posto della spada per disegnare i cerchi nel terreno.

Plinio il vecchio fu il primo autore romano a trattare ufficialmente il suo carattere antropomorfo e a suddividerla in forma maschile e femminile descrivendola nella sua Historia Naturalis.. Seguiranno le sue tracce Galeno e Lucio Apuleio. Quest’ultimo la descrisse nel suo Herbarium (V secolo d.C.) e parlò del metodo per estrarla, già citato precedentemente.

Nella medicina di epoca romana, Celso (medico del IV-Vsec.d.C.), nel suo De Re Medica, suggerisce di farla bere in decotto ai pazienti che devono essere operati per non farli soffrire; importante è anche la sua osservazione che è capace di produrre dilatazione delle pupille e difficoltà della visione.